Intervista a Susanna Mantovani

Nella mattinata di lunedì 7 dicembre a Milano si è svolta la cerimonia di consegna degli Ambrogini d’Oro, uno dei massimi riconoscimenti conferiti dal Comune lombardo a coloro che hanno dato un contributo speciale alla città. Tra i premiati c’è anche un’amica del Collegio di Milano, Susanna Mantovani, professoressa di Pedagogia Generale e Sociale presso l’Università degli Studi Milano Bicocca e Presidente del Comitato Scientifico della Fondazione Collegio delle Università Milanesi.

  1. Che emozioni ha provato quando ha saputo che avrebbe ricevuto l’Ambrogino d’Oro?

A dire la verità non sapevo nemmeno di essere candidata per questo premio e quando mi hanno telefonato per avvisarmi sono rimasta molto sorpresa e molto emozionata. Dopotutto Milano è la mia città e, anche se non ci sono nata, mi sento milanese a tutti gli effetti. 

2)   Alla premiazione il sindaco Sala ha detto che Milano deve cambiare… come e quanto è  già cambiata e che cosa potrà ancora cambiare?

Diciamo che Milano ha vissuto molti momenti grigi, penso per esempio al periodo di Manipulite, ma si è sempre risollevata egregiamente. Questa pandemia ha interrotto un periodo d’oro per la città cominciato con l’Expo del 2015 che ha portato Milano ad essere un centro internazionale  non solo per ciò che riguarda la cultura, ma anche per la moda e il turismo. Ma sono convinta che, come ha detto Sala, Milano ce la farà anche questa volta. Ci vorrà pazienza, forse più che in altre volte, ma ce la farà.

3)   Uno dei settori più colpiti dalla pandemia è stata sicuramente la scuola… lei crede che le varie categorie del mondo scolastico abbiano affrontato al meglio il Covid o avrebbero potuto fare di più?

In questo momento è difficile dirlo perché i dati che abbiamo a disposizione sono ancora pochi. Dalle indagini svolte con il mio gruppo di ricerca è emerso che tante famiglie hanno mantenuto rapporti stretti con gli insegnanti, ma mancano all’appello i dati relativi alle famiglie più fragili, quelle che magari non hanno nemmeno la connessione Internet e che, quindi, sono più difficili da individuare. Diciamo che la Lombardia, a livello di atenei e scuole dell’obbligo, si è mossa meglio rispetto ad altre regioni. Ma la pandemia ha messo in luce tutta una serie di criticità legate al mondo scolastico che fino a pochi mesi fa venivano ignorate.

4)   Per esempio?

Oltre al problema delle connessioni a Internet innanzitutto la questione dell’età del corpo insegnanti, che è uno dei più anziani in Europa. Di conseguenza molti di loro non hanno familiarità con gli strumenti necessari per la didattica a distanza. E, a volte, questa poca familiarità può apparire come poca voglia di fare didattica, anche se non è così. A questo è naturalmente legato il problema dei concorsi per la scuola, che sono talmente complessi che finiscono a volte per deprimere chi vi partecipa. Senza dimenticare poi i trasporti, che hanno influito parecchio sulla chiusura delle scuole superiori penalizzando notevolmente i ragazzi più grandi. 

5) La didattica a distanza è stato uno degli aspetti più criticati…

Sì, ma a mio parere è stata fin troppo bersagliata e tante persone hanno fatto il massimo con le risorse e le competenze che avevano. Alla fine si è visto chi aveva davvero voglia di provarci e di ottenere qualcosa e chi no.

6) Chi ha patito di più la Dad secondo lei? I bambini più piccoli o i ragazzi più grandi?

É difficile trovare una risposta definitiva, ma credo che i più penalizzati siano i più grandi perché le loro scuole sono chiuse da un po’ anche per ragioni che non riguardano direttamente la scuola (vedasi i trasporti di cui parlavo prima). I più piccoli non hanno di fatto mai interrotto la frequentazione delle scuole, anche se viene da chiedersi quanto la decisione di tenerle aperte sia legata ai diritti dei bambini e quanto alla necessità di far lavorare i genitori. In più, avendo avuto l’opportunità di osservare le scuole di ogni grado, ho notato che nelle scuole dei più piccoli c’è molta collaborazione anche tra gli insegnanti, per cui il collega più “smanettone” insegna agli altri come muoversi, mentre nelle scuole medie e superiori questo spirito collaborativo è molto più raro.